Riflessioni tratte dal mio "Diario di viaggio"...
di Lorenza Villa - Monza - Novembre 2012
Monza, 17 Agosto 2012
Questa avventura è iniziata tempo fa.
Una serie di foto di piccoli e sorridenti bimbi color cioccolato appese sulle pareti di un piccolo stand, in una grande fiera di Milano, ha catturato quasi magicamente la mia attenzione e scatenato in me un desiderio immenso di poter essere lì, in mezzo a loro. “Lì ci devo andare!”, mi son detta e oggi, a distanza di un anno e mezzo, eccomi qua, seduta in aeroporto insieme al mio compagno Matteo, in attesa di imbarcarmi verso quel paradiso tanto desiderato. Ma faccio un passo indietro…
L’incontro con Marisa (artefice di Solidarietà Kenya Onlus), colei che attraverso le sue parole ci ha trasmesso tutto il suo amore incondizionato per quel mondo “fuori dal mondo”, è stato un incontro speciale. Il trasparire delle sue emozioni mentre raccontava la sua vita quotidiana in quel piccolo angolo di paradiso, ci hanno permesso di credere senza riserve in lei e nel suo operato. I lunghi preparativi, le ansie, le aspettative, le paure: un desiderio sfrenato di riempire i nostri bagagli di tutto il materiale recuperato da donare a questi bimbi e le valigie sempre più cariche e pesanti. La sensazione? Identica a quella che si scatena in noi prima di vivere eventi particolarmente significativi e determinanti della nostra vita: un’ agitazione al di fuori dal comune per lo sfrenato desiderio di appoggiare i piedi su quella terra così rossa.
Malindi, 18 agosto 2012
L’arrivo a Mombasa e il viaggio in taxi sino alla tanto attesa Malindi: gli odori, i profumi, i colori, un turbinio di gente che si muove a piedi, in bici o con pulmini stracarichi: il tutto in contrasto con silenziosi e meravigliosi angoli ricchi di vegetazione di ogni genere che strada facendo diventano sempre più dominanti. Vorrei non perdermi nulla, guardo da ogni angolazione, l’aria che entra dai finestrini mi avvolge e resisto alla stanchezza che mi assale nonostante gli occhi mi si chiudano… Ed eccoci qui. Il taxi oltrepassa il cancello del Royal Tulia Resort. Scarichiamo le valigie mentre immediatamente Marisa e Claudio (amorevole sposo e sostenitore di Marisa) ci accolgono come vecchi amici e ci dimostrano il desiderio di farci sentire come “a casa nostra”. Marisa sembra percepire la mia “sete” di sapere, di conoscenza, di sentirmi utile da subito. Ascolto i suoi primi racconti, …ci parla di lei, dei bambini, del villaggio, del Kenya, di chi sta già compiendo opere d’amore per i suoi piccoli angioletti neri. Dopo pranzo Marisa ci propone di accompagnarla a Majengo ed esattamente al “Tabasamu Center” dove i bambini stanno svolgendo il Summer Camp. Ecco che la mia adrenalina raggiunge valori impossibili e “non sto più nella pelle”!
La strada è lunga e sconnessa. Osservo tutto ciò che mi si muove intorno e che mi ricorda quelle immagini proiettate sullo schermo, durante il nostro primo incontro con Marisa e Claudio ad Erba. Riconosco il villaggio, i colori, le capanne costruite con solo fango e legno e poi…ecco il cancello del “Tabasamu center”. Il canto dei bimbi si innalza con un continuo crescendo di note perché è il loro modo di “chiamarsi”: quando uno di loro sente il rumore del motore della jeep di Marisa, tutti arrivano correndo e si stringono vicino ad un grande albero per accoglierla, salutarla e nel cielo pare innalzarsi un canto di ringraziamento. Riconosco alcuni volti visti sulle foto del sito che ho riguardato per più volte, …scendo dalla macchina e tutto intorno a me si ferma. Vorrei congelare per sempre questo istante.
Loro sono qui ed io qui con loro. Mi guardano, li guardo, vorrei abbracciarli tutti ma mi trattengo perché sento che nonostante un primo imbarazzo, gli sguardi e i sorrisi che ci scambiamo sono già discreti, rispettosi ma amorevoli abbracci. C’è tanta confusione nella mia testa e non capisco più cosa devo o non devo fare. Piano piano tutto si rianima, prende vita e corpo. Marisa ci mostra la “Casa del bambino”, la scuola con le tre aule e gli splendidi lavori manuali dei bambini e delle maestre, la fattoria, il dispensario e ci manifesta il suo desiderio di poter fare ancora di più per accogliere con amore e con impegno questi piccoli. Nel giardino della scuola bambini di ogni età giocano insieme…: piedini nudi calpestano quella terra rossa, i loro sandaletti ormai consumati si trasformano magicamente in camion carichi di terra mentre piccole manine li spingono lungo strade disegnate, anche casualmente, dal passaggio di altri bimbi piccini che inseguono un “barbapapà palla” con la gioia e l’allegria nel cuore. Marisa mi propone di dedicarmi al gruppo dei bambini più piccini leggendo loro un libro, in una lingua comprensibile dai bambini di tutto il mondo, che ho portato dall’Italia. Una maestra mi aiuta a far sedere tutti i bimbi intorno a me, nel giardino del “Tabasamu”.
Appena inizio a leggere cala un silenzio assoluto e gli occhi grandi dei bambini sono tutti su di me e sulle pagine del libro. I bimbi ripetono ogni frase che leggo loro, imitando esattamente ogni movimento del mio corpo ed ogni espressione del mio viso che accompagna la lettura, divertendosi infinitamente. Improvvisamente alzo lo sguardo e vedo piano piano radunarsi, al di là della rete che delimita il “Tabasamu Center” dal villaggio, donne, uomini, bambini che si soffermano incuriositi ad osservare ed ascoltare: …ciò mi rende ancor più felice! I bambini mi chiedono più volte di rileggere la storia. Decido poi di provare a cantare loro Girotondo, La bella lavanderina, Ecco il treno, coinvolgendoli anche nella interpretazione delle stesse. Nel frattempo Matteo, il mio compagno, mi raggiunge e decide di unirsi a me aiutandomi nel farmi comprendere dai bambini e dalla maestra, non parlando inglese. Poi tocca a noi! …Ed eccoci alle prese con i loro canti e le loro meravigliose danze che i bimbi ci invitano ad “interpretare”: la condivisione di questa esperienza di gioco mi riempie il cuore. E’ una situazione nuova per noi e solo l’Africa poteva darci la possibilità di viverla così intensamente, circondati dai sorrisi, dalla gioia, dagli sguardi intensi, dalla serenità e dalla vivacità di questi bambini che non lasciano spazio per altri pensieri. Il tempo trascorre velocemente e terminate le danze cammino senza meta osservando ciò che mi succede intorno. Altri bambini mi si avvicinano: qualcuno mi guarda intimidito, una bimba mi accarezza la mano poi si appoggia delicatamente alla mia gamba, avvolgendola con le sue manine con discrezione e rispetto, qualcuno mi sorride con gli occhioni spalancati. Da lontano vedo avvicinarsi un gruppo di ragazzini con un libro in mano scritto in swahili, la loro lingua corrente. Subito penso a come comportarmi e a come relazionarmi con loro perché con i bambini di questa età, a casa, mi sono sempre trovata in difficoltà non tollerando alcuni loro atteggiamenti. Prima dei loro corpi mi raggiungono i loro sorrisi. Mi circondano, mi vogliono conoscere e, con entusiasmo, mi chiedono in inglese come mi chiamo, quanti anni ho, da dove vengo. Cerco di rispondergli in qualche modo dato che l’inglese non lo parlo dalle scuole medie! Chiedo loro di farmi vedere il libro e insieme a loro provo a leggerne qualche brano in quella lingua sconosciuta: non ho mai riso così tanto e la loro presenza e complicità mi regala ancora una forte emozione. Dopo poco tempo ci si avvicinano un bimbo che spinge una sedia a rotelle sulla quale è seduta una bambina. Chiedo ai bambini di fare spazio e li accolgo vicino a me. La bimba mi guarda: prima mi allontana con un gesto rapido poi accenna un sorriso ma abbassa lo sguardo; sembra ascoltarmi mentre sto leggendo, poi attira la mia attenzione con un gesto cercando un contatto ed infine, ad una mia carezza risponde con un sorriso! E’ davvero tardi. Alcuni bambini ci salutano con un “Arrivederci” e ritornano al villaggio, altri si dirigono verso la casa del fanciullo, insieme ai due volontari che alloggiano nella stessa, ed anche noi ci avviamo verso la macchina per rientrare a Malindi con Marisa.
“A domani!” diciamo, ed è una certezza.
Credo che le riflessioni, le emozioni scritte qui sopra, relative solo al mio primo giorno d’incontro con i bambini del “Tabasamu Center”, possano far comprendere con quale ricchezza assoluta io sia rientrata da questa vacanza solidale durata soli quindici giorni. Dal quel giorno tutto mi è sembrato diverso: il senso e il valore del tempo, delle cose, delle parole, delle azioni, dei semplici gesti. In Africa è come se il tempo si sia fermato. Ho trascorso dei giorni meravigliosi ed ho scoperto un angolo del mondo con la curiosità e gli occhi di un bambino… Mi sono persa tra canti degli uccelli, nei cieli notturni carichi di stelle e nei cieli tappezzati da basse nuvole, spinte velocemente dal vento, dalle forme così bizzarre da lasciarmi ogni volta con il naso all’insù; mi sono persa tra le fresche piogge leggere del mattino, tra i profumi dei fiori, della frutta, del mare e della terra e i loro colori così spiccati, contrastanti e irresistibili.
Mi sono persa tra le stradine sterrate in mezzo ai villaggi circondati da una vegetazione che mi ha lasciato senza fiato, tra le ombre delle donne e dei bambini che senza paura si muovono al buio, tra le deboli luci che all’imbrunire illuminano le misere abitazioni come fossero piccoli presepi; mi sono persa tra i mercati caotici e colorati di Malindi, tra i rumori, i clacson, le voci della gente che freneticamente percorre le strade sconnesse del centro a piedi, in bici, in moto o con i mezzi di trasporto più bizzarri.
Mi sono persa tra le albe e i tramonti così rapidi e diversi l’uno dall’altro, nell’immensità della savana, per un attimo silenziosa e immobile e poi animata da animali di ogni specie, mi sono persa in distese immense di terra rossa che mi hanno regalato un senso di libertà e di infinito. Mi sono persa tra le danze, i canti dei bambini e voci che mi hanno toccato l’anima, tra gli sguardi dolci ma timorosi dei piccoli e gli sguardi profondi dei più grandi, tra la semplicità dei loro giochi e la responsabilità dei grandi verso i piccoli, tra i loro sorrisi, le carezze, gli abbracci che mi hanno donato ogni giorno.
Come un bambino ho seguito affascinata le storie di Claudio sull’Africa.
Come un bambino mi sono emozionata ascoltando i racconti di Marisa, la sua storia e le motivazioni che l’hanno sempre più legata all’Africa. Ho vissuto con lei, il più possibile, la sua quotidianità e ho “respirato” allegria, divertimento, passione, amore, amicizia, spensieratezza, accoglienza, impegno, responsabilità, condivisione, gratitudine, pazienza, tolleranza, mediazione ma anche rabbia, nostalgia, delusione, sofferenza, fatica. Non ci si ferma mai se si ha un cuore grande.
Sì, perché questa è L’Africa che ho conosciuto. Solo il valore che dai alla tua vita e a ciò in cui credi può farti amare l’Africa.
Ora porto nel cuore dei “beni preziosi”. Quando la nostalgia mi invade, quando irrompe lo sconforto nell’ affrontare ogni giorno le problematicità del nostro vivere quotidiano, dove a volte è difficile riuscire a riconoscere le cose veramente importanti da quelle superflue, apro uno dei miei “cassetti del cuore” e magicamente si risvegliano e volano intorno a me immagini, parole, sensazioni, emozioni che mi donano una grande forza interiore.
Questa esperienza mi ha permesso di vedere con occhi diversi e far fronte alla vita con l’ essenzialità che Marisa, Claudio e i bambini possiedono.
La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me, è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro, allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano… Disse la volpe: “ecco il mio segreto. È molto semplice: non vedo bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.
Tratto da “Il piccolo principe” di Antoine de Saint- Exupéry
Grazie a Marisa, per avermi “addomesticata”.
Grazie a Claudio, per la sua presenza così discreta ma altrettanto “unica”.
Grazie a Matteo, per avermi affiancato e condiviso questa “magica esperienza di vita”.
Grazie a tutti coloro che ho incontrato strada facendo…perchè hanno dato un “valore aggiunto” a questa vacanza solidale.
Un grazie speciale a tutti i bambini del “Tabasamu center”: …loro mi hanno insegnato che uno sguardo profondo, una carezza od un semplice sorriso valgono più di qualsiasi altra cosa al mondo.