Newsletter Giugno 2017

DONA IL 5x1000 A “SOLIDARIETA KENYA ONLUS”: C.F. 91019810133

Cari lettori, sono rientrato in Kenya la mattina del 30 maggio e l’impatto è stato forte: le grandi piogge hanno reso parzialmente impraticabili le strade, rendendole molto trafficate e caotiche. Le piogge a maggio sono state cospicue e si sono prolungate anche nel mese di giugno, facendoci sì ben sperare nella raccolta del mais ad Agosto, ma anche sopportare molti disagi. Non solo le strade di Mombasa e Malindi sono di difficile percorribilità, anche per raggiungere il Tabasamu Centre il percorsoè divenuto avventuroso. Non sono solo le piogge ad aver generato difficoltà, ma itanti lavori stradali iniziati per migliorie, adeguamenti, preparazioni alle successive asfaltature, messi in campo dal Governo e dalla Contea di Kilifi, nell’imminenza delle votazioni politiche, che si terranno l’8 agosto. Non vediamo l’ora che finiscano, anche se sappiamo che per alcuni di essi dureranno due anni per il completamento…“SOFFRIRE PER POI BENEFICIARNE”.

Un altro aspetto dolente è dovuto alla carestia che si era già evidenziata nella dry season; la carenza di sima (farina bianca) per poter preparare la polenta (ugali) che si mangia con fagioli o verdure, sta creando non pochi problemi. Dopo un escalation dei prezzi, il Governo in maggio ha messo a disposizione 3.000 tonnellate (per l’intero paese) a prezzo controllato (90 kshs/pacchetto 2kg), ma alcuni shop hanno sabotato l’iniziativa, indisponibili alla vendita a prezzo prefissato perché non hanno utili,che invero il prezzo di libero mercato consente; infatti il prezzo era arrivato ad un insostenibile 150 kshs,costringendo la popolazione a riversarsi sul riso e pasta (di semolino), peraltro a prezzi maggiorati per aumentata richiesta.

Il 1° giugno è apparso un articolo sul settimanale di Gorgonzola. Grazie alla famiglia Vergani e a Sara V. per la bella serata.

Il rientro in Kenyaè risultato controverso anche per uno spiacevole incidente accorso Venerdì 09 al mio laptop: un collaboratore ha inciampato nel cavo di alimentazione, causando una rovinosa caduta e conseguente rottura dell’hard disck. Il laptop è il mio ufficio, c’è tutto dentro, incluso il computer di Marisa, la nostrastoria, i documenti, le foto, contatti mail, Skype, … di Solidarietà Kenya Onlus e del Tabasamu Centre. Un disastro !!! L’aver comprato un nuovo hard disck e installato Windows 10, Office 2013 in lingua inglese e ripristinato l’uso del laptop, non mi ha sollevato daidisagi.

La vettura Toyota Noah (acquistata nel 2012 di seconda mano), che i volontari ben conoscono, ha avuto bisogno di un restyling (ora ha 160.000 km): sostituzione degli ammortizzatori rotti, ripristino completa funzionalità delle luci e automatismo finestrini, sostituzione spazzole pulisci cristalli, riparazione carrozzeria (dagli sfrisi e ammaccature varie) con tinteggiatura completa e con la nuova scritta laterale più grande, un service generale al motore (previsto ogni 5.000 km). Ora è pronta per ricevere i volontari che a luglio e agosto ci raggiungeranno:

Il 30 dicembre scorso non ho solo dato avvio all’inclusione nel board dell’associazione di 3 nuovi componenti locali (appartenenti alla comunità cattolica di Kaembeni), ho anche incaricato Sidi di selezionare una studentessa che abbia già concluso la secondary school (nostro liceo),nativa del luogo in cui svolgiamo attività solidale, con caratteristiche caratteriali adatte alle nostre esigenze, disponibile a continuare gli studi in“servizi sociali” per diventare Assistente Sociale, portare avanti un percorso di crescita congiunto,per poi, in un lasso di tempo ragionevole di training, svolgere attività al Tabasamu Centre che, ricordo, al completamento dello sviluppo,avrà una capacità di circa 500 bambini e che pertanto abbisogna di tale figura. La candidata dovrà apprendere anche la lingua italiana per interagire con i volontari, inoltre saper usare il computer, ottenere la licenza per guidare autoveicoli (compreso un possibile matato),e altro ancora … Non dovrà essere una semplice collaboratrice (ne abbiamo già 15, in aumento ogni anno), ma“speciale”, in quantodovrà stabilirsi al Centro (con Sidi e le Suore), amare il Tabasamu Centre e i bambini. Insomma una “giovaneMarisa africana” da crescere insieme. Dunque un rapporto non solo strettamente lavorativo, ma una persona cui affidare il futuro generazionale del Centro. Sidi ed io dovremo seguirla negli studi e accompagnarla nella missione assegnatole, di cui leisarà artefice… almeno questi sono gli intendimenti in cui confido, ... Nelmese di giugno abbiamo dato dunque inizio a questo programma con l’iscrizione all’Institute Jusnet di Malindi per il Certificate in Community Development, il corso di Italiano, infine l’ottenimento della patente: incrociamo le dita e,seppur in Africa (per il vero in tutto il mondo) non esistono certezze, è comunque importante dare un senso alle cose che facciamo, con una visione a lungo termine, mantenendo sempre vivo il ricordo di Marisa.

I lavori al Tabasamu, non si sono interrotti nel mese di maggio: si sono concentrati sull’interminabile completamento del livellamento delle quote del terreno interessante un’area sempre più vasta, incluso il campo di calcio, l’area antistante il Tabasamu Hall, retrostante il campo da basket,…i lavori si sono protratti sino al 19 giugno (da metà febbraio!). Il costo è risultato sproporzionatamente alto rispetto, per esempio, alla costruzione di un’aula.Ma ha già dato i suoi frutti in termini di risanamento ambientale: non si sono verificati acquitrini nel corso delle grandi piogge e ci stiamo preparando a realizzare la pista atletica con salto in alto e lungo, il percorso vita, il campo da tennis e un parcheggio per i visitatori del T. Hall.

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                     CAMPO DI CALCIO                                                                AREA PISTA ATLETICA                  

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               AREA FUTURO CAMPO TENNIS                                                            AREA FUTURO PERCORSO VITA

Il mese di giugno è stato caratterizzato anche dall’impegno per concludere la registrazione della Tabasamu Primary School negli elenchi nazionali delle scuole private, grazie alla collaborazione del preside Habel con cui condivido alcune visite ai vari uffici preposti, che si trovano a Gongoni, Malindi, Kilifi, Nairobi. Ho anche adeguato i salari, come da legge.

Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno, … di Santa Madre Teresa di Calcutta

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IL TRAMONTO MALINDINO DEL 25 GIUGNO

INFORMAZIONI CULTURALI: IL NOSTRO STILE, LA NOSTRA MISSIONE, LA NOSTRA FILOSOFIA DI VITA

1.Dal discorso di Tim Cook (numero uno di Apple) ai laureati del Mit di Boston del 16 giugno, traggo che “servire l’umanità conta più della tecnologia”: … Dopo una miriade di tentativi, alla fine, vent’anni fa, la mia ricerca mi ha portato in Apple. A quei tempi l’azienda stava lottando per sopravvivere. Steve Jobs era appena tornato e aveva lanciato la campagna «Think different». Voleva dare la possibilità ai folli — agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso — di fare al meglio il loro lavoro. Steve pensava che bastasse questo per poter davvero cambiare il mondo. Non avrei mai trovato il mio scopo lavorando in un’azienda che non avesse un suo scopo ben definito. Steve e Apple mi hanno dato la possibilità di dedicarmi con tutto me stesso al lavoro, di abbracciare la loro mission e di farla mia. Come posso servire l’umanità? Questa è la domanda più importante della vita. Quando lavori a qualcosa che è più grande di te, trovi un senso, trovi lo scopo. Quindi la domanda che spero vi poniate da questo momento in poi è «come posso servire l’umanità?». Al Mit avete imparato che la scienza e la tecnologia hanno il potere di migliorare il mondo. Grazie alle scoperte fatte proprio qui, miliardi di persone stanno conducendo una vita più sana, produttiva e appagante. E se mai riuscissimo a risolvere anche uno solo dei grandi problemi del mondo, dal cancro ai cambiamenti climatici, alla disuguaglianza educativa, sarà grazie alla tecnologia. Ma la tecnologia da sola non basta. E talvolta può anche essere parte del problema. La tecnologia può fare grandi cose. Ma non vuole [consapevolmente, ndr] fare grandi cose. Non vuole fare niente. Questo ruolo spetta a noi. Spetta ai nostri valori e al nostro impegno verso i nostri familiari, i vicini di casa, le nostre comunità, spetta al nostro amore per la bellezza e alla convinzione che le nostre fedi sono interconnesse, al nostro senso civico e alla nostra bontà d’animo. Se la scienza è una ricerca nell’oscurità, allora l’umanità è una candela che ci mostra dove siamo e i pericoli che dobbiamo affrontare. Come disse una volta Steve, la tecnologia da sola non basta.Come disse Martin Luther King, «tutte le vite sono interconnesse. Siamo tutti legati in un unico destino». Se tenete sempre ben presente questa idea, se scegliete di vivere la vostra vita a metà strada tra la tecnologia e le persone che aiutano, se vi impegnate a creare il meglio, a dare il meglio e a fare il meglio per tutti, non solo per alcuni, allora oggi l’umanità può ben sperare.

Un’altra sua breve frase che mi ha favorevolmente colpito è: “Mi sono accorto che vivo meglio da quando ho smesso di preoccuparmi di ciò che gli altri pensano di me”.Da applicare immediatamente, soprattutto per un tipo come me, a volte troppo schietto e duro nel relazionarmi, in quanto non credo nella demagogia, che consiste nel lusingare le persone per dirgli quel che loro vogliono sentirsi dire, differente da quello che voglio dire, soprattutto per le cose scomode. Il mio modo diretto non è da intendere arroganza comportamentale o eccessiva auto considerazione di sé, mavoler prendere di petto una situazione, affrontandola senza troppi giri e cercare di risolverla, nel minor tempo possibile. Il problema sta nell’adesionedell’interlocutore ...La permanenza in Africa ha accentuato questo aspetto (di certo criticabile), perl’utilizzo della lingua inglese, molto diretta e incisiva, ma anche povera di vocaboli da me conosciuti…  

2. La lettura del libro dal titolo QUESTA NON è L’AMERICA di Alan Friedman, ha confermato in me il giudizio di declino (espresso nel mio secondo libro), in termini di valori, di una nazione divenuta meno tollerante, meno aperta, più buia, divisiva, lacerata, con conflitti razziali, dalle forti ineguaglianze di reddito, ostile, aggressiva, con espressionidi odio e di paura, … I valori americani fondamentali sembrano un lontano ricordo, da non riconoscere più l’idea che rappresentava: una società liberale e tollerante, una grande e potente nazione che trae la sua forza dall’innovazione, nella diversità culturale. Per molto tempo l’America è stata davvero sinonimo di speranza e opportunità per il resto del mondo, ma adesso … è il caso di dire: questa non è l’America!

3. Ne abbiamo timore, contro di loro abbiamo pregiudizi e preconcetti, ci chiudiamo nel nostro benessere isolandoli e emarginandoli. Invece «l’incontro personale con i rifugiati dissipa paure e ideologie distorte, e diventa fattore di crescita in umanità, capace di fare spazio a sentimenti di apertura e alla costruzione di ponti». Lo ha detto Papa Francesco al termine dell’Angelus in piazza San Pietro per la festività del Corpus Domini (domenica 18.06), tornando sul tema a lui molto caro dell’accoglienza, specialmente nei giorni in cui si discute sulla concessione dello «ius soli» ai figli degli stranieri nati in Italia.

4. «Don Milani veniva da una famiglia altoborghese, colta. Arrivò a Barbiana e non c’era nulla, niente acqua, né luce, né gas, né strade. Bisognava vederla, a quei tempi: solo una piccola canonica in cima a un poggio in mezzo al bosco, e 84 anime. La madre gli scrisse: vedrai, il cardinale ti ha mandato là per tenerti lontano dalle chiacchiere, ma poi torni. Lui le rispose: hai capito male, la dignità di un prete non sta nel numero di fedeli, ma nel modo in cui si rapporta al Vangelo». La visita di Francesco il 18.06 alla tomba del prete scomodo, ha riabilitato la sua figura: «Con la mia presenza a Barbiana, con la preghiera sulla tomba di don Lorenzo Milani penso di dare risposta a quanto auspicava sua madre: «Mi preme soprattutto che si conosca il prete, che si sappia la verità, che si renda onore alla Chiesa anche per quello che lui è stato nella Chiesa e che la Chiesa renda onore a lui... quella Chiesa che lo ha fatto tanto soffrire ma che gli ha dato il sacerdozio, e la forza di quella fede che resta, per me, il mistero più profondo di mio figlio. Se non si comprenderà realmente il sacerdote che don Lorenzo è stato, difficilmente si potrà capire di lui anche tutto il resto. Per esempio il suo profondo equilibrio fra durezza e carità». Il prete «trasparente e duro come un diamante», dice il Papa, «continua a trasmettere la luce di Dio sul cammino della Chiesa».

5. Angelina Joliein giugno è stata in Kenya, a Nairobi, in veste di inviata speciale delle Nazioni Unite per i rifugiati. L’incontro con alcune giovani scappate con le loro famiglie dai conflitti; poi l’attrice americana ha parlato delle violenze sessuali compiute proprio durante guerre e guerre civili. “La violenza sessuale è ancora più grave quando compiuta da chi indossa un uniforme e che ha giurato di proteggere le persone. Si trattadi una responsabilità di coloro che indossano quelle uniformi di essere da esempio e di punire queste cose, per evitare che avvengano nuovamente”.

6. DaAnna Meldolesi sul Corriere.it del 16.06 estrapolo:Una quota crescente dei ragazziritiene di vivere bene senza una dimensione trascendente. L’educazione religiosa si è allentata, assumendo una valenza culturale più che spirituale. Ma c’è anche chi ritiene anacronistica la fede religiosa e predilige una visione concreta della vita, o interpreta la spiritualità come una ricerca di armonia con la natura. Tra i gruppi c’è porosità, non steccati: le scelte altrui sono considerate plausibili e legittime. Il pensiero magico non dipende da variabili sociodemografiche rigide, è trasversale. Nasce da un bisogno di conoscere e controllare il futuro che c’è in tutti gli uomini. Proprio su questo tema ha scritto un libro Giorgio Vallortigara, dell’università di Trento (Nati per credere, Codice). Il neuroscienziato conferma che la credulità è radicata nella nostra biologia, mentre le singole superstizioni riflettono degli accidenti storico-culturali. Il nostro cervello stabilisce relazioni di causa-effetto tra eventi che sono correlati dal punto di vista spazio-temporale e tende a immaginare la presenza di agenti animati dietro ai fenomeni fisici, perché «è meglio essere cauti che essere morti». È così che un rumore notturno può diventare un fantasma. «Nemmeno chi conosce questi meccanismi cognitivi è indenne», dice Vallortigara ammettendo di allineare le scarpe prima degli impegni importanti. Anche questi riti sono forme di superstizione praticate dai ragazzi, magari prima degli esami.

7. Maria Maddalena, ha detto Francesco, esattamente come le altre che si recano al Sepolcro, è una donna “in uscita”, ossia una donna che abbandona il suo nido e si mette in cammino, pronta a rischiare. Ecco quindi il perché della Maddalena vista quale figura iconica del missionariato: perché come dovrebbe fare ogni buon missionario, Maria Maddalena si è messa in cammino. Non è rimasta ferma! il Pontefice si è augurato che le comunità cristiane si aprano sempre più alla missione e che si contrappongano all’autoreferenzialità. “In una società che tende a livellare e a massificare, e in cui l’ingiustizia contrappone e divide, in un mondo lacerato e aggressivo, non fate mancare la testimonianza della vita fraterna!”. Da buoni cristiani dobbiamo: “Fare memoria del passato, vivere il presente con passione e abbracciare il futuro con speranza”.

8. Gli Oxford Dictionaries hanno eletto «post verità» parola internazionale dell’anno 2016, a seguito del controverso referendum sulla «Brexit» e dell’elezione presidenziale americana ugualmente contestata, che hanno contribuito a diffondere questo termine tanto nei mass media che nel gergo politico. Il dizionario definisce «post-verità» come «in rapporto o contestuale a circostanze in cui i fatti oggettivi sono meno influenti nel plasmare l’opinione pubblica rispetto alla leva esercitata sulle emozioni e sulle credenze personali». Il prefisso «post», in questo caso, non significa «successivo», ma anzi denota un’atmosfera in cui la verità è irrilevante e prevalgono le credenze radicate nelle emozioni.Platone sostiene che la democrazia si trasforma inevitabilmente in demagogia, un regime politico che provoca la corruzione del popolo tramite la manipolazione dell’opinione pubblica e crea governanti che accrescono la loro popolarità sfruttando il pregiudizio e l’ignoranza di molti, rinfocolando le loro emozioni e contrastando le decisioni ragionate. La posta in gioco non è la verità, bensì il potere: sia il potere generalmente definito come dominio sugli altri tramite mezzi di persuasione oppure, più nello specifico, come caratteristica distintiva di operazioni linguistiche capaci di dimostrare l’irrilevanza e, in ultima analisi, la superfluità del vero.Platone, antidemocratico ed elitista, è il primo a detestare i tecnici della manipolazione del popolo che trasformano l’esercizio della menzogna in un’arte politica efficace, accettabile e gradevole. Giving life to politics: the work of Adriana Cavarero» è il titolo del convegno internazionale dedicato al pensiero della filosofa italiana, docente di Filosofia politica all’università di Verona. Il Cappe (Centro di Filosofia applicata, Politica & Etica) dell’università di Brightonha ospitato tre giorni di discussioni, dal 19 al 21 giugno. Comune a tutto il pensiero di Cavarero è la preoccupazione per l’unicità, l’insistenza sulla vulnerabilità della condizione umana e un’attenta critica della metafisica occidentale. La svolta populista e il fenomeno del terrorismo sono tra le questioni su cui si confronteranno studiose e studiosi provenienti dalle università di tutto il mondo e da diverse discipline.

9. Per conoscere il popolo keniota dobbiamo osservare i risultati del sondaggio effettuato da Twaweza e pubblicato da “La voce del Popolo” nell’edizione domenicale del quotidiano The Standard, in cui appare che il 73% della popolazione keniota meno abbiente, intervistata, si è definita felice e contenta, qualche punto percentuale in più dei benestanti, che hanno mostrato qualche titubanza in più ad affermarlo. Il sondaggio ha fatto emergere altri dati sorprendenti, ma fino a un certo punto, considerato le abitudini del popolo keniano e certe inclinazioni che derivano dalle tradizioni culturali e sociali: per il 11,7% delle donne, ad esempio, è giustificato per un marito picchiare la moglie (anche il 20% degli uomini è d’accordo) e ben nove cittadini su dieci non si troverebbero a loro agio con una coppia di omosessuali come vicini di casa.Cinque cittadini su sei (86 per cento) dicono di avere fiducia totale nei loro familiari, più che in qualsiasi altro nucleo di persone. Circa un cittadino su tre ha una completa fiducia nei suoi vicini (36 per cento) e negli amici (32 per cento), ma uno su cinque si fida dei suoi colleghi (22 per cento). Che il Kenya soffra ancora la sindrome del tribalismo è confermato dal fatto che solo due cittadini su dieci si fidano di una persona che appartiene ad un gruppo etnico diverso dal loro, mentre sette su dieci non ripongono troppe aspettative in appartenenti ad una diversa religione. Altro dato significativo, solo un keniota su venti (6,3%) crede che si possa giustificare l’aborto.

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