Newsletter settembre 2017
Cari lettori, questa newsletter vuole dare spazio ai Volontari venuti per la prima volta al Tabasamu Centre,in agosto. Tutti li ringrazio sinceramente per la partecipazione attiva e il senso di appartenenza alla ns. Associazione e al Tabasamu Centre. Uno speciale ringraziamento al Dr. Nicola, coordinatore della Scuola Superiore della Magistratura: grazie per credere alla valenza del Tabasamu C., espressione di valori solidali e umani.
Ecco i commenti pervenuti (in ordine di arrivo) dei nuovi volontari di agosto:
GIULIA C. da Treviso:Quella al Tabasamu è stata la mia prima esperienza di volontariato in un Paese diverso dall'Italia, in un contesto così povero e tanto differente rispetto alla realtà in cui sono cresciuta. Quando ho deciso di partire per il Kenya non avevo idea di cosa aspettarmi e, soprattutto, se ne sarei stata all'altezza, anche se da tanto tempo sentivo la voglia – diciamo pure la necessità – di fare un'esperienza di questo tipo.
Ho conosciuto Solidarietà Kenya Onlus grazie al collega Nicola. Ricordo ancora quando, a Firenze, per la prima volta abbiamo parlato di persona dell'Associazione e del Tabasamu: i suoi occhi brillavano quando mi raccontava cos'era riuscito a fare Claudio in uno sperduto paesino rurale vicino a Malindi. Già da lì avevo capito che l'esperienza che avrei fatto in Kenya avrebbe superato le mie aspettative sotto tutti i punti di vista. Nonostante ciò, il 4 agosto sono partita con il mio fidanzato un po' spaventata per quello che avrei potuto trovare. A onor del vero, il viaggio in auto dall'aeroporto di Mombasa al Royal Tulia (passando per la periferia della città) ha accentuato quel senso di irrequietudine: era il mio primo approccio con l'Africa, realtà incredibile e diversa da tutto quello che avrei mai potuto immaginare. I miei timori sono svaniti non appena abbiamo attraversato il cancello del Royal Tulia, sostituiti dallo stupore e la meraviglia per quel piccolo angolo di paradiso, ma soprattutto dall'entusiasmo che traspariva dal sorriso buono di Claudio che ci ha subito fatto sentire a casa nostra. Quel pomeriggio abbiamo visitato per la prima volta il Tabasamu. Nel tragitto in auto ho finalmente avuto la reale percezione del livello di povertà delle comunità rurali dell'entroterra. Ma di quel primo viaggio non potrò mai dimenticare la sensazione di tenerezza che ho provato quando ho visto i primi gruppetti di bimbi uscire da capanne, colline o da chissà dove e correre verso di noi per salutarci con un “jumbo” o con un “ciao” ... La gioia e la dolcezza con cui quei bambini ci davano il benvenuto è forse il ricordo più bello che ho dell'Africa e che conserverò per sempre nel cuore. Quel primo giorno era di sabato, quindi la maggior parte dei bambini (anche di quelli impegnati nella “summer school” agostina) non si trovava a scuola. Il centro era quasi deserto ma abbiamo avuto lo stesso la possibilità di conoscere Sidi, che ho stimato da subito per la sua serietà e dedizione al progetto di Claudio e Marisa.
Claudio ci ha mostrato tutto il lavoro svolto in questi anni e ci ha parlato dei progetti in serbo per il Tabasamu.Una volta tornati a casa (e nei giorni seguenti) ci ha raccontato pian piano, in punta di piedi, la sua storia e ci ha parlato di Marisa, tanto che ho avuto in molti momenti la sensazione di conoscerla. Marisa è il Tabasamu e tutto lì parla di lei. Una donna con una forza d'animo come la sua non può non lasciare il segno nella vita delle persone, anche di quelle che non l'hanno conosciuta.
Claudio invece, come ho potuto apprendere nelle lunghe chiacchierate dopo cena o di fronte al tè del pomeriggio, è letteralmente una forza della natura. Quello che è riuscito a realizzare a Kaembeni – dove anche acquistare dei mattoni per costruire un inceneritore diventa un'impresa per nulla scontata – ha dell'incredibile ed è davvero emozionante vedere come la sua mente (sempre attiva) elabora ogni giorno un progetto nuovo che diventa più che altro una sfida. Il suo impegno e la passione per quello che fa – che sicuramente lo contraddistinguevano anche quando svolgeva la professione di architetto – sono diventati per me un esempio da seguire nello svolgimento del mio lavoro.Per quanto riguarda la vera e propria attività di volontariato nel Tabasamu, devo purtroppo ammettere che la mia timidezza e le mie paure mi hanno un po' impedito di instaurare da subito un rapporto giocoso con gli alunni che frequentavano la scuola in questo periodo di vacanza. Mi sono avvicinata a loro pian piano, prima osservandoli mentre giocavano e poi approcciandomi a loro con le poche frasi in swahili che nel frattempo avevo cercato di imparare tramite Google translator. Non vi dico l'ilarità che ingenerava la mia pronuncia! Per fortuna è stato un pretesto per sciogliere il ghiaccio e iniziare a instaurare un rapporto con loro.
Due episodi mi fanno ancora sorridere.Il primo giorno al Centro, quando ancora me ne stavo impacciata in disparte, ho notato un gruppetto di bambine un po' più grandi delle altre che mi osservavano e ridevano tra loro. Mi sono avvicinata incuriosita e loro mi hanno spiegato, un po' in inglese e un po' a gesti, che trovavano il mio busto molto minuto rispetto ai loro standard. Per farle un po' ridere ho detto loro che sì, il mio busto è molto piccolo ma i miei fianchi invece sono larghi perché mangio un po' troppo! E loro, stupite, mi hanno chiesto se mangio tanto riso, dato che per loro è l'alimento più prelibato. Ho dovuto spiegare loro che non è per colpa del riso se i miei fianchi sono un po' larghi, bensì delle “peremende” (termine che usano i bambini per indicare le caramelle). Hanno riso come matte.
In un'altra occasione, alcuni bambini mi hanno chiesto perché la mia testa fosse tanto piccola. Premetto che quando andavo al Tabasamu portavo i capelli raccolti per maggiore comodità. Ho spiegato loro che si trattava di un'acconciatura e mi sono sciolta i capelli per dimostrarglielo... Non dimenticherò mai gli occhi sgranati dei bambini e, soprattutto, delle bambine quando hanno visto i miei capelli sciolti, lunghi, lisci e con qualche sfumatura bionda.
Purtroppo però non ho potuto insegnare agli alunni della scuola nulla di concreto perché non pratico sport di squadra né attività artistiche. Questo mi ha fatto inizialmente sentire un po' in colpa perché avevo la sensazione di non poter dare alcun apporto concreto al Tabasamu a parte la mia presenza fisica. Peraltro, la difficoltà che inizialmente ho sperimentato nell'interagire con i bambini mi faceva sentire inadeguata.
Fortunatamente Claudio, dall'alto della sua esperienza, è riuscito a creare un ruolo adatto a me e al mio fidanzato. L'occasione è sorta il giorno del voto per il nuovo Presidente del Kenya, in cui Claudio ha ritenuto più prudente non muoversi dal Royal Tulia. Abbiamo occupato il tempo preparando dei “manila” (pannelli didattici da appendere nelle aule). Una volta portati al Tabasamu il giorno seguente, gli insegnanti entusiasti ci hanno chiesto altri cartelloni. Passavamo le serate a disegnare e a colorare, anche con l'ausilio della mano professionale di Claudio, e ciò ci ha fatti sentire utili e ha permesso anche a noi di contribuire nel nostro piccolo allo sviluppo del Tabasamu. Il pannello didattico che in assoluto ha riscosso maggior successo è stato quello relativo agli animali della Savana, con i nomi in inglese e in swahili. La più grande gioia provata in Africa è stata senza alcun dubbio vedere lo sguardo di stupore e ammirazione dei bambini quando abbiamo mostrato il cartellone al Tabasamu.
Non avrei mai pensato di vivere emozioni tanto forti.Non avrei mai pensato di affezionarmi tanto ad un luogo in cui sono rimasta solo una manciata di giorni.Non avrei mai pensato di sentire così tanto la mancanza del Tabasamu, delle persone che ho Conosciutolì, di Claudio e dell'Africa, una volta tornata a casa.
Ma, dato che tutto l'inaspettato invece si è realizzato, sono qui che fantastico sulla prossima volta che tornerò e pianifico il viaggio per la prossima estate. Grazie Claudio per tutto quello che fai. I tuoi sacrifici non sono solo per i bambini e la comunità di Kaembeni, ma anche per noi volontari che al Tabasamu abbiamo lasciato un pezzetto di cuore e che vogliamo vederlo crescere sempre di più.
RICCARDO B. da Venezia:Pili pili in lingua swahili significa peperoncino e si riferisce in gergo culinario a un aroma piccante.E' un termine che riguarda la percezione del gusto ma a mio dire può riferirsi a molti altri aspetti sensoriali del Kenya, come gli odori e i colori accesi tipici delle tradizioni dei popoli equatoriali.Lo stesso spirito delle persone, generalmente aperto e cordiale può farsi frizzante laddove non siano rispettate la cultura e la tradizione locale.Se una prima impressione dopo l'arrivo a Mombasa può essere di timore e propria inadeguatezza, con la giusta prudenza e seguendo i consigli di Claudio la bellezza del paesaggio e dei bambini riempiono il cuore e fanno sentire quel mal d'Africa di cui tanto si sente parlare.
In particolare, la mia compagna ed io abbiamo sperimentato la nuova formula Royal Tulia Home: la casa ospita solo volontari del Tabasamu e la gestione è meno sfarzosa di quella che con un semplice sguardo attorno si capisce essere stata ai tempi del resort, a favore di un maggior calore domestico e di una visione coerente con la centralità piena del Tabasamu Center.
Di Claudio mi hanno colpito lo spessore morale e il grande altruismo, la forte capacità empatica e la sensibilità fuori dal comune verso i problemi delle persone che incontra, la lucidità di pensiero, la prontezza mentale e la dedizione professionale in tutto ciò che fa (a partire dalla pianificazione e costruzione di nuovi edifici a uso scolastico e a servizio in generale della popolazione, sino al coordinamento dei docenti del centro prestando interesse alle esigenze di ognuno): in particolare ho visto procedere nell'arco di una settimana i lavori di realizzazione dell'inceneritore a servizio del nuovo reparto maternità, da lui quotidianamente seguiti con l'ausilio del fundi – imprenditore edile tuttofare – Alì.Neanche a dirlo ma queste doti cedono il passo al suo grande cuore, marcia in più che la moglie Marisa ha saputo trasmettere e ispirare facendone di fatto una missione.
La stima e l'affetto che provo per lui si eguagliano per intensità.
Della scuola (o meglio del centro, dato che mira a essere un punto di riferimento della popolazione e per la popolazione di Kaembeni) risalta la maestria nella costruzione, la funzionalità e al contempo l'essenzialità, essendo tutto proporzionato allo scopo senza sprechi né auto-osannazioni.Limitando la mia esperienza al periodo estivo ho constatato che i bambini e le bambine dei dintorniaccedono liberamente al centro e alle sue strutture sportive, giocando tra loro a calcio, volley e basket e sfoggiando sorrisoni accecanti: questa è tra le più grandi soddisfazioni, meglio non descrivibile a parole, peraltro coincidente col significato del nome del centro del sorriso voluto da Marisa. Il sorriso felice dei bambini che giocano al Tabasamu è il più bel ricordo che porto con me del Kenya, e significa che Solidarietà Kenya Onlus ce l'ha fatta, che Marisa ce l'ha fatta e che Claudio con i suoi collaboratori e volontari continuano a farcela, proseguendo nel lasciare le giuste impronte nella vita di chi questo sorriso lo sente acceso nel suo cuore.
MARTINA da Milano: Caro Claudio, che dire … un’esperienza così me la ricorderò per tutta la vita!!!Ho ancora impressa nella mente la prima giornata al Tabasamu al nostro arrivo in macchina e alla bellissima accoglienza che Sidi e i bellissimi bimbi ci hanno regalato e da lì è partito tutto!È vero abbiamo avuto la fortuna/sfortuna di capitare in un periodo in cui la scuola non era aperta e quindi c’erano meno bambini, ma grazie al tuo “summer camp” abbiamo avuto modo di legare molto con i bambini presenti ogni giorno, compreso quelli esterni al Centro.
Sai cosa ti dico?! ogni mattina mi svegliavo addirittura prima del suono della sveglia, forse perché inconsciamente non vedevo l’ora di raggiungere il Tabasamu per trascorrere un’altra giornata con loro. Bastava un sorriso o uno sguardo dei bimbi per darmi tanta serenità e davvero credo che una persona non possa chiedere di meglio. È stato ancora più bello negli ultimi giorni vedere crescere il numero di bimbi con l’apertura del terzo trimestre scolastico, tutti con la propria divisa e orgogliosi di far parte del Tabasamu.Claudio, tu e Marisa avete creato un luogo felice, un luogo d’incontro, un luogo di gioco e di crescita per quei bimbi e fidati che non potevate fare regalo migliore alla comunità.Claudio ci stai mettendo tutto l’amore che hai nel portare avanti questo progetto e lo dimostri giorno per giorno e non posso che esserti grata per avermi permesso “nel mio piccolo” di partecipare e vivere questa esperienza unica. Che dire oltre al mio compagno di viaggio e di vita Daniele, ho avuto modo di conoscere Davide, Daniele e Marialina con cui si è instaurato da subito un bellissimo rapporto ed è stato bello condividere questa esperienza anche con loro.
Caro Claudio, l’ultimo giorno al Tabasamu è stato intenso di emozioni, molto bello, ma anche triste perché dopo quasi tre settimane con i bimbi, ogni giorno ci hanno insegnato la spontaneità, la condivisione, l’educazione e tanti altri valori che purtroppo da noi si stanno affievolendo.Un’altra immagine di questa esperienza che rimarrà sempre impressa nella mia mente e nel mio cuore, è stato quando siamo saliti in macchina per uscire dal Tabasamu per l’ultima volta e tutti i bimbi che abbiamo conosciuto in queste tre settimane sono corsi al cancello per salutarci un’ultima volta: è stata una bellissima manifestazione di affetto da parte loro che non dimenticherò mai, quindi caro Claudio, anche se ho lasciato il Tabasamu fisicamente, il mio cuore rimarrà sempre lì. Grazie Claudio, grazie a tutti i bimbi del Tabasamu, grazie a Solidarietà Kenya Onlus per avermi regalato tutto questo per i miei 30 anni!!! Un abbraccio grande, grande … Martina.
DANIELE M. da Masate (Mi): Sono Daniele Moretti, un volontario di Solidarietà Kenya Onlus e vi chiedo … vi piacerebbe fare un’esperienza diversa dalla classica vacanza?Grazie a Claudio ho vissuto con la mia compagna Martina tre settimane di agosto, veramente speciali!Fare il volontario significa aiutare, rendersi utili al progetto di Solidarietà Kenya Onlus, vivere a contatto con i bambini, saperli ascoltare e condividere con loro, i maestri e Claudio stesso, dei momenti sia di gioco, sia di formazione, sia di lavoro, veramente molto emozionanti. Grazie a Claudio, alla sua energia e alla sua ispirazione-dedizione della moglie Marisa, che tutti ricordano come MAMA MARISA, oggi il Tabasamu è in continua crescita sia come strutture, sia come numero di bambini.
In qualità di fisioterapista-osteopata ho potuto valutare e trattare alcuni pazienti su molteplici problematiche sia di natura neurologica, sia di natura ortopedica. Tra i vari progetti c’è quello di creare un reparto fisioterapico e per farlo servono sostenitori e soldi, perciò cercherò con l’Associazione A.I.F.I. (Fisioterapisti italiani), alla quale sono iscritto, di sensibilizzare al fine di ottenere dei contributi utili allo sviluppo fisioterapico del Tabasamu.Tabasamu in lingua swahili, tradotto in italiano significa “sorriso” e vi assicuro che sia i bambini del Centro, sia quelli del villaggio rurale di Kaembeni/Majengo, vi doneranno sorrisi e saluti che vi faranno emozionare.È stato un piacere vivere questa esperienza insieme alla mia compagna, perché l’amore e la gioia che abbiamo donato sono state contraccambiate dai bambini in una misura ben superiore a quanto immaginabile. Semplicemente grazie!!!
DAVIDE R. da Oggiono (Lc):Questa esperienza in Kenya presso il Tabasamu Centre è andata ben oltre le mie aspettative. Partito timoroso mi ha da subito aperto il cuore e la testa verso una realtà completamente diversa dal mio contesto, mi ha dato l'occasione di mettermi alla prova, di conoscere persone e posti fantastici, di ridimensionare i miei obbiettivi per il futuro prossimo e di eliminare o confermare i pregiudizi che si annidavano dentro di me. Il lavoro che sta portando avanti Claudio è davvero qualcosa di meraviglioso e con l'aiuto di tutti si potrà realizzare il sogno di Marisa e di tutti i più di trecento fantastici bambini. Un grazie particolare ai miei compagni di viaggio che hanno saputo creare una vera squadra.Un abbraccio e un arrivederci, Davide.
MARIALINA C. e DANIELE P. da Milano:A maggio di quest’anno, la Scuola Superiore della Magistratura ha dato l’opportunità ai propri studenti di prendere parte ad alcuni stages sociali nel corso delle ferie estive. Tra tutti, attirava la mia attenzione l’esperienza presso il Tabasamu Centre, progetto portato avanti da Solidarietà Kenya Onlus presso il villaggio di Kaembeni (Kenya). Senza alcuna esitazione ne parlavo con il mio compagno Daniele il quale, condividendo il mio entusiasmo, organizzava il viaggio nel giro di pochi giorni. Dal primo ingresso al Tabasamu l’impressione è stata quella di trovarsi di fronte ad una realtà incredibile: all’interno di un piccolo villaggio, tra le campagne keniote per lo più sconosciute al “visitatore”, questa associazione ha costruito una piccola oasi di speranza. Il centro del sorriso è un luogo in cui non solo a questi ometti viene garantito almeno un pasto al giorno e dei vestiti, non si è di fronte ad un mero “dare” dell’” uomo bianco”, tutt’altro! In questa realtà si educano bambini a divenire uomini, si insegna ad amare la propria terra favorendone lo sviluppo e auspicandone l’autosostentamento.All’interno del Tabasamu si è potuto svolgere diverse attività, dalla pittura al calcio, dall’attività di riciclo allo “sgranare” delle pannocchie, da piccoli lavori di manutenzione al confronto con i docenti presenti; ognuna di queste occupazioni ha sì comportato un beneficio per i fanciulli, ma anzitutto è stata per noi motivo di crescita e riflessione personale. Al termine della giornata erano i più piccoli ad aver imparato a tirare un calcio di rigore, ma eravamo noi ad aver compreso la gioia di fare squadra; erano i bambini a sorridere per i doni ricevuti, ma eravamo noi a comprendere la bellezza della condivisione; erano gli abitanti del villaggio ad aver appreso una nuova mansione, ma eravamo noi ad aver imparato il fascino della loro cultura. Dopo questa esperienza siamo tornati a casa con delle valigie vuote ma con un bagaglio di nuove consapevolezze che ci spingono a trasmettere ad altri un concetto banale e spesso trascurato: l’assurdità dello spreco e il piacere dell’essenzialità! Il Tabasamu è un luogo formativo per tutti, non solo per i bambini di Kaembeni ma anche per i volontari come noi, ed è questa la grande opera di Claudio e Marisa. Chiunque venga a contatto con questa realtà non può che essere affascinato dall’entusiasmo e dalla combattività di chi ogni giorno, tra mille difficoltà, continua a dare speranza a più di trecento bambini: grazie Claudio!!
Aula “School for School” decorata da Marialina, con l’aiuto degli altri volontari
Pannelli didattici disegnati da Martina e Daniele M.
Pannelli didattici disegnati da Davide
Anche i visitatori meritano la nostra attenzione, in particolare la famiglia di Roma, con Virginia (di 9 anni) e Simone (di 2,5 anni), che ci hanno scritto:TABASAMU. Mi stupisco: un anno fa non sapevo neppure l’esistenza di questa parola ma il leggerla, il sentirla pronunciare, apprenderne il significato e soprattutto vederla esistere concretamente nella sua terra hanno improvvisamente ampliato in me il senso della parola SORRISO. Perché se del Kenya non dimenticherò mai la savana, gli animali, il mare, con la loro immensità, con i loro colori, odori e suoni, soprattutto nel mio cuore e nella mia memoria rimarrà custodita l’esperienza del SORRISO. Sembra quasi che Dio abbia dato alle sue creature umane in Africa quelle caratteristiche fisiche per permettere a tutti gli altri uomini di comprendere appieno cosa sia. Quei denti bianchissimi sulla pelle scura, gli occhi intensi e brillanti, le guance sporgenti quando le labbra si aprono mi sono sembrati la massima espressione terrena della gioia e della forza che ho scoperto nei ragazzi kenioti. Ogniqualvolta la mia famiglia, nel nostro viaggio di nozze, ha incontrato bambini, ragazze, uomini e donne a lavoro sotto il sole, in mezzo alla terra o con pesi tra le mani o maggiormente sul capo, queste persone ci hanno donato un sorriso spontaneo, illuminante, spesso accompagnato dal saluto squillante e magari da una mano che nel contempo asciugava la fronte dal sudore. Difficile trattenere la commozione e i pensieri, che sono andati a quelle volte in cui io per un non nulla mi sono sentita stanca e triste. Un sorriso su questa terra può insegnare moltissimo. Questo Viaggio l’ho intrapreso con mio marito e i nostri due bambini e sono orgogliosa di averlo fatto: forse dimenticheranno molto ma se il piccolo di tre anni, tornato a Roma, ancora mi dice: “Mamma, questo lo possiamo portare ai bambini dell’Africa?” forse anche ricorderanno per sempre ciò che conta! Il loro cuore e la loro mente hanno cominciato ad aprirsi all’Altro. Per tutto questo non possiamo che ringraziare Claudio, che con la sua pazienza ci ha sostenuto nell’organizzazione di questo Viaggio e ci ha permesso di conoscere i suoi ragazzi e la straordinaria realtà a cui lui e Marisa hanno dato vita. Solo quando vivi intensamente e lasci che il tuo cuore si spalanchi puoi essere in grado di creare e sostenere un Centro come quello del Tabasamu. Dall’istruzione, all’attività ludica, dalla salute all’alimentazione, nulla viene trascurato e tra difficoltà e soddisfazioni si fa crescere una generazione più consapevole. Con ciò intendo dire che crescono i ragazzi kenioti ma anche i nostri, a cui Claudio e Marisa hanno sempre dato la possibilità di essere partecipanti vivi di un cambiamento importante che riguarda ciascuno di noi. I nostri figli hanno giocato con i bambini del Tabasamu, hanno dipinto con loro e sgranato il mais; hanno dato sfogo a qualche capriccio davanti a loro ma anche donato con generosità giochi e materiali che gli appartenevano (palline, matite colorate e pennelli). Ma soprattutto hanno sperimentato la generosità di chi non ha nulla, di chi divide un solo pallone con tanti altri ragazzi ed è pronto a lasciarlo con il Sorriso al piccolo che lo reclama. Hanno sperimentato che ogni gesto generoso è infiocchettato dal Sorriso.
Cari Marisa e Claudio, nessun altro nome sarebbe stato più Vero per il vostro TABASAMU CENTER!Un abbraccio e ancora un caro ringraziamento, Virginia, Simone, Simonluca e Valentina.
Virginia, 9 anni, ci ha scritto: Caro Claudio…. Ero un po' emozionata e preoccupata perché stavo per fare una visita a dei ragazzi e bambini che non conoscevo e che non parlavano la mia stessa lingua. Per fortuna loro sono stati molto carini perché ci hanno accolto cantando e poi mi sono avvicinata a loro con il gioco e la pittura. Abbiamo colorato una tela che avevo portato per l'occasione e loro hanno disegnato tanto e scritto i nomi delle figure in inglese. Mi hanno messo tanta gioia dentro e anche un po' di tristezza perché non hanno quello che abbiamo noi. Ma loro sembrano felici lo stesso. Così ho capito quanto sono fortunata e che anche io posso contribuire a fare del bene agli altri. Grazie Claudio e grazie Children Tabasamu! Virginia
Disegno fantasia eseguitoin tempera il 14.08 da Virginia (9 anni) insieme con i bimbi del Tabasamu
Al rientro in Italia, ai primi di settembre:
INTERVISTA AL VOLONTARIO DANIELE M.: Articolo apparso sulla “Gazzetta dell’Adda” ai primi di settembre
Sabato 02concluso il nuovo inceneritore, ricostruito in nuova posizione idonea rispetto i nuovi reparti di maternità e futuro fisioterapico. Sono stati utilizzati i mattoni refrattari, secondo le normative keniote.
Lunedì 04 abbiamo tracciato in loco la pista atletica e l’indomani abbiamo dato inizio ai lavori, conclusi il 21. La pista ha uno sviluppo di 100 mt. Si prevedono le classiche gare dei 100, 200 e 400 mt., inoltre ci sono il salto in lungo, salto in alto, lancio del giavellotto e lancio del peso.Ciò ha comportato la costruzione di un piccolo corpo edilizio ad uso servizi (spogliatoi M e F, deposito e spazi1 per i maestri, allenatori e arbitri), i cui lavori sono iniziati lunedì 18. Il 1° “Trophy Marisa” lo faremo il 24.10,con diverse discipline sportive.
La locandina per i giochi del 24.10 L’edificio, ad uso servizi per gli sports, in corso di costruzione
I bambini della Kaembeni Primary School, tutti i giorni, alle ore 16,00, finite le lezioni, arrivano a giocare!!!
Lunedì 11 visita di Francesco e Barbara di Mantova, entrambi infermieri: ci hanno donato cibo (riso, fagioli, olio), attrezzi ospedalieri, caramelle e una donazione in denaro, cui hanno partecipato anchePaola e Daniela, Giovanna, Giuseppina, Laura e Manuela.GRAZIE A TUTTE!!!
Sono continuati i lavori alla MATERNITA’, ormai vicina alla conclusione dei lavori:
ABBIAMO AGGIORNATO IL NS.SITO WEB: solidarietakenya.orgE ABBIAMO APERTO LA PAGINA DIINSTAGRAM. INVITIAMO I VOLONTARI A FORNIRE A SARA FOTO E BREVI FILMATI. GRAZIE!!!
INFORMAZIONICULTURALI: IL NOSTRO STILE, LA NOSTRA MISSIONE, LA NOSTRA FILOSOFIA DI VITA DAL KENYA (7):
1.La Corte Suprema del Kenya, il 1° settembre, ha accolto il ricorso dell'Opposizione rappresentata dall'Alleanza Nasa e dal suo candidato presidente Raila Odinga, annullando il risultato delle elezioni nazionali. I giudici della Corte, presieduta dal Giudice David Maraga, hanno deliberato a maggioranza che le elezioni non sono state condotte in maniera chiara e regolare, secondo i principi della Costituzione. Quindi hanno chiamato il popolo keniota alle urne entro i prossimi 60 giorni. Le nuove elezionipresidenziali del Kenya si terranno giovedì 26 ottobre. La conferma è arrivata all'indomani della pubblicazione da parte della Corte Suprema del Kenya della sentenza di annullamento delle precedenti elezioni (da malindikenya.net).
2.I keniani tra i popoli più generosi del mondo. Al terzo posto su 139 per il World Giving Index. Il Kenya è sul podio della generosità mondiale. I cittadini keniani sono solidali tra di loro, dedicano molto tempo ad assistere le persone in difficoltà e in generale sono predisposti ad aiutare. Lo afferma il World Giving Index 2017, il report annuale che analizza la generosità dei popoli delle nazioni di 139 Paesi del mondo. Al primo posto, per il quarto anno consecutivo, si classifica il Myanmar. L'ex Birmania è decisamente avanti nei prestiti e nella solidarietà verso le persone bisognose. Al secondo posto si piazza l'Indonesia. Il dato più rilevante del rapporto World Giving 2017 riguarda i Paesi cosiddetti "ricchi", che hanno visto negli ultimi tre anni un graduale declassamento, fino ad uscire quasi totalmente dalle primissime posizioni. Resistono gli Stati Uniti (quinta posizione) mentre la Gran Bretagna per la prima volta esce dalla "top ten" (solo undicesima) e la Germania precipita al diciannovesimo posto. E l'Italia? ottantaquattresima posizione (da malindikenya.net).
3.Un'APP per farsi prescrivere e trovare medicine. Con "My Dawa" ordini farmaci, paghi con Mpesa e li ritiri nel negozio più vicino. Una APP sviluppata in Kenya per farsi prescrivere medicinali e trovarli nella farmacia più vicina. L’intelligente invenzione farmaceutico-telematica si chiama “My Dawa” (dove “dawa” in swahili sta proprio per “medicina”) ed è stata sviluppata dalla ION Equity. Scaricandola sul telefonino, ogni keniota avrà la possibilità di sapere, a secondo dei suoi sintomi, quale farmaco gli converrà cercare, proprio come se stesse consultando il farmacista dietro il bancone del negozio. Dopodiché, localizzato il cliente, la APP sarà in grado di consigliargli la farmacia più vicina e, se vorrà, di prenotargli il medicinale e pagarlo tramite Mpesa. L’idea è partita dal ricercatore irlandese Neal O’Leary, che due anni fa per primo ha capito che in un Paese come il Kenya, riducendo i trasporti dei medicinali, si potevano diminuire i costi ed evitare che la qualità dei prodotti peggiorasse. Così le farmacie saranno dotate di medicinali generici, quasi tutti provenienti dall’India. A Nairobi “My Dawa” è già attiva il 220 negozi, la App è stata scaricata da 10.000 utenti e il magazzino virtuale ha già 1000 farmaci. Presto il servizio verrà esteso a tutto il Kenya (da malindikenya.net).
4.Secondo la ricerca "Africa Risk-Reward Index", pubblicata da NkcAfricanEconomics, il Kenya e l'Etiopia sono i Paesi leader del prossimo futuro nel Continente Nero. Il rapporto, che mette a confronto investimenti, PIL, sicurezza e molti altri fattori di supporto all'economia, indica come Nairobi ed Addis Abeba stiano gradualmente sorpassando gli attuali paesi leader africani, ovvero Nigeria e Sudafrica (da malindikenya.net).
5.Seicento anni fa i racconti del primo cinese a Malindi. Zang He visse in Kenya nel 1417 e portò una giraffa al suo Imperatore. Era infatti il 1417, secondo gli studiosi di Pechino che hanno recentemente pubblicato un volume sui viaggi dei grandi navigatori orientali, quando Zang He con una flotta di 40 navi, arrivò a Malindi, dopo aver toccato nel suo viaggio l'India, la Persia, l'Oman, la Mecca e probabilmente la costa dell'Eritrea. Qualche anno fa, il ritrovamento di monete cinesi a Mambrui, da parte di un pool di archeologi orientali e kenioti, aveva già riportato alla memoria la storia di questo grande viaggiatore mandato in avanscoperta verso mondi ancora poco conosciuti dall'impero cinese (da malindikenya.net).
6. La casa automobilistica francese Peugeot ha iniziato l'assemblaggio in Kenya dei suoi veicoli presso la sede di Thika della Kenya VehicleManufacturers (KVM). Peugeot è di fatto la più recente multinazionale che produrrà veicoli nello stabilimento vicino a Nairobi.Le vetture assemblate e vendute sul mercato dell'Est Africa saranno due: la 508 che è una berlina, e il 3008 che è un piccolo SUV che è stato nominato veicolo dell'anno 2017 lo scorso marzo a Ginevra. Entrambi i modelli dovrebbero avere un prezzo che si aggira sui 4 milioni di scellini kenioti (da malindikenya.net).i ha posato il primo blocco di corallo per la costruzione del "Kilifi County HealthComplex", un moderno ospedale nella capitale della regione di cui fanno parte anche Malindi e Watamu. Il progetto, per cui è previsto uno stanziamento iniziale di circa 5 milioni di euro, prevede anche che un'ala della clinica sia adibita a terapie anticancro e alle cure palliative e terapie del dolore (da malindikenya.net).
DAL MONDO (5):
1.Marisa si ispirava a Madre Teresa di Calcutta:20 anni fa l’ultimo saluto alla suora diventata Santa.Il 5 settembre 1997 il mondo piange la scomparsa della suora simbolo della carità, proclamata Santa da Papa Francesco nel 2016. Cresciuta in una famiglia profondamente cattolica, Agnes GonxhaBojaxhiu - per tutti Madre Teresa di Calcutta - è ancora una ragazza quando si avvicina ai padri gesuiti missionari nella parrocchia di Cristo Re a Skopje, in Macedonia, dove era nata il 26 agosto 1910 da una famiglia di etnia albanese. Un’esperienza che si rivela determinante tanto che a diciotto anni Agnes sceglie di diventare suora e missionaria. Inviata in India come insegnante, sente che la sua vera missione è tra le strade di Calcutta. E così con l’unica veste che indossa, 5 rupìe in tasca e «con Dio per unico protettore e guida» comincia ad assistere i bambini, ad accogliere e a curare i moribondi. Ma non rimane sola a lungo, prima un’ex allieva, poi altre donne si uniscono a lei, e nel 1950 fonda le Missionarie della Carità. Oggi le «case di missione» sono più di 600 sparse in tutto il mondo e le suore di Madre Teresa, vestite col caratteristico sari bianco bordato di azzurro continuano a dedicarsi ai «più poveri dei poveri». Per celebrare l’opera della «piccola matita di Dio», come Madre Teresa amava definirsi, a vent’anni dalla sua morte, il 5 settembre è stata consacrata a Pristina la Cattedrale-santuario che le è stata dedicata. Sulla tomba bianca della «piccola grande madre», è inciso un semplice versetto del Vangelo: «Amatevi gli uni altri come io ho amato voi». Entrata diciottenne nella Congregazione delle Suore missionarie di Nostra Signora di Loreto, la futura Madre Teresa viene inviata a completare la sua formazione in India, per poi diventare insegnante di storia e geografia alla Saint Mary of Loreto High School di Calcutta, un collegio per ragazze cattoliche. Le ripercussioni drammatiche della seconda guerra mondiale arrivano anche in India, e negli stessi anni Madre Teresa vive una «vocazione nella vocazione. Il messaggio fu molto chiaro, dovevo uscire dal convento e aiutare i poveri vivendo in mezzo a loro». A darle il benestare, sarà Pio XII che il 16 agosto 1948 la autorizza a lasciare il convento. E Madre Teresa si avvia tra le strade dello slum di Motijhil. Nel 1949 il funzionario statale Michael Gomez, le mette a disposizione un locale all'ultimo piano di una casa di Creek Lane. La seguirà prima un’ex allieva, ShubashiniDas, poi si aggiungeranno altre donne. Nel 1950 Madre Teresa darà vita alle Missionarie della Carità, la nuova comunità oltre ai voti di povertà, castità e obbedienza ne fa un quarto di «dedito e gratuito servizio ai più poveri tra i poveri». Decisa ad alleviare la vita dei malati di lebbra, nel 1958 Madre Teresa apre un centro per i malati nella periferia di Calcutta a Titagarh, che dedica a Gandhi. Due anni più tardi realizza il sogno di costruire una vera e propria città per malati e familiari, ShantiNagar, la Città della pace, che oggi ospita centinaia di famiglie. Il nome di Madre Teresa varca i confini dell'India e, nel 1965 le Missionarie della Carità aprono la prima missione fuori dal continente asiatico, a Cocorote, in Venezuela. Paolo VI invita le missionarie a Roma, che nel 1968 aprono la loro casa della carità anche nella Capitale. «Pensate, sono venute dall’India a portare il Vangelo a Roma», diceva il Papa, grande ammiratore di Madre Teresa. Madre Teresa a Milano nel 1973: durante la visita, organizzata dal Centro meneghino Pontificio Istituto Missioni Estere, alla religiosa viene consegnato l’Ambrogino d’oro da parte dell’allora sindaco Aniasi e ad ascoltare le sue parole allo stadio San Siro accorrono 90mila persone. Nel dicembre 1975 il Time celebra l’opera della suora dedicandole la copertina che intitola «Santi viventi». Madre Teresa nel 1976 a Nuova Delhi riceve dal primo ministro indiano, Indira Gandhi, il BharatRatna, la massima onorificenza del Paese. Sandro Pertini le consegna, nel 1978, il Premio Balzan per l'umanità, la pace e la fratellanza tra i popoli con la motivazione: «per l'eccezionale abnegazione con la quale ha dedicato tutta la sua vita per soccorrere, in India e in altri paesi del mondo, le vittime della fame, della miseria e delle malattie, gli abbandonati e i morenti, tramutando in azione instancabile il suo amore per l'umanità sofferente». Nel 1979 riceve il Premio Nobel per la pace. Madre Teresa invitò i partecipanti a rinunciare al tradizionale banchetto cerimoniale per i vincitori, chiedendo di destinare i fondi della cena ai poveri di Calcutta, che avrebbero potuto essere sfamati per un anno intero. Nel 1989 viene proclamata donna dell'anno, mentre continua a fondare le sue case della carità per i poveri nelle periferie degradate di Melbourne, Roma, Londra, Detroit, Marsiglia, Rio, Chicago, Los Angeles.Il presidente Ronald Reagan nel 1985 le assegna la medaglia presidenziale della libertà. «Io sono soltanto una povera suora che prega. Pregando, Gesù mi mette nel cuore il suo amore e io vado a donarlo a tutti i poveri che incontro sul mio cammino» è l’inizio del suo discorso ai potenti riuniti all’Assemblea Generale dell’ONU il 26 ottobre 1985. Nel luglio 1985 Madre Teresa è a Parigi a perorare la causa dei poveri con Jacques Chirac, all’epoca sindaco della capitale. L'anno successivo Madre Teresa arriva a Cuba per aprire la prima casa delle Missionarie della Carità a L’Avana, con l’assenso di Fidel Castro, e al leader cubano regala un’immagine della Vergine dei Miracoli. La piaga dell’aids richiama Madre Teresa negli States, e la suora a metà degli anni 80, apre un centro di accoglienza a Manhattan. La drammatica diffusione della malattia la porterà ad aprire ricoveri anche in Romania, Cecoslovacchia e in diverse città dell'Africa. «Quando ho incontrato Madre Teresa mi è stato subito chiaro che era una persona esemplare. Ella ha rivelato il vero esercizio dell’amore attraverso le sue attività caritative» ha dichiarato recentemente il Dalai Lama. I due religiosi si erano conosciuti nel 1988 a Oxford. Nel 1990 Madre Teresa riceve Yasser Arafat in India. Oggi in Terra Santa - Palestina, Gerusalemme, Giordania - le Suore Missionarie della Carità sono circa quaranta, distribuite in sette Case. Madre Teresa e la principessa Diana si erano conosciute nel 1992 a Roma al convento delle Missionarie della Carità in via Casilina. «Io non ho mai ricevuto la principessa Diana, ma l’infelice Diana, è una cosa molto diversa» dirà tempo dopo la suora. Legate da un’amicizia profonda, Madre Teresa e Lady D, si vedono per l’ultima volta il 18 giugno 1997 nel Bronx (moriranno a pochi giorni di distanza l'una dall'altra). «Cerco di fare il lavoro di Madre Teresa, ma alla fine sono molto piccola» aveva confidato Lady D ai giornalisti. Nel 1996 Madre Teresa riceve la cittadinanza onoraria dal sindaco di Roma Francesco Rutelli. Malata di cuore da tempo, Madre Teresa nel dicembre 1996 ha una violenta crisi cardiaca che fa temere per la sua vita. Consapevole che le rimane poco tempo decide di lasciare definitivamente la guida delle Missionarie della carità nelle mani di suor NirmalaJoshi. Il 5 settembre 1997, all’età di 87 anni, Madre Teresa muore improvvisamente per un attacco cardiaco a Calcutta. Quasi un milione di persone rende omaggio alla salma esposta nella Chiesa Cattolica di St Thomas, mentre sono centinaia di milioni le persone che partecipano in mondovisione ai funerali di Stato che l’India riserva a Madre Teresa. Alla messa solenne, tenuta nello stadio Netaji, accorrono capi di Stato e teste coronate per dare l’ultimo saluto alla religiosa. Nel dicembre 2002, in via eccezionale a soli 5 anni dalla sua morte, papa Giovanni Paolo II approva i decreti sulle virtù e sui miracoli della missionaria e il 19 ottobre 2003 Madre Teresa viene proclamata «beata». Domenica 4 settembre 2016, è Papa Francesco a pronunciare la formula di rito e a proclamare Madre Teresa di Calcuttasanta «affinché il mondo intero possa contemplarla»(da Corriere.it)
2.Il romanzo più riuscito di Liza Marklund è Liza Marklund. Svedese, vent’anni di thriller alle spalle, ideatrice di un personaggio conosciuto in tutto il mondo, Annika Bengtzon, quasi 15 milioni di copie vendute in 30 Paesi. Il suo messaggio è chiaro: «Abbiate il coraggio di essere qualche volta sgradevoli. Non cercate di compiacere a tutti i costi. E amate quello che fate»(da Corriere.it).
3.Nel 2016 la fame ha colpito 815 milioni di persone. Questo significa che l'11% della popolazione globale vive in una condizione di povertà estrema e non riesce a permettersi i beni di prima necessità come acqua e cibo. Il dato emerge dal rapporto "The State of Food Security and Nutrition in the World 2017" a cura delle agenzie dell'Onu Fao, Ifad e Wfp. Lo studio rileva che i 38 milioni di affamati in più rispetto al 2015 "si devono in gran parte alla proliferazione di conflitti violenti e agli shock climatici". Il trend negativo si registra in particolar modo nell'Africa subsahariana, nel Sud-est asiatico e nell'Asia occidentale.Durante lo scorso G7 l'Italia si era impegnata nelle lotta alla fame del mondo e ambiva a lanciare una nuova iniziativa per promuovere la sicurezza alimentare in Africa Sub-Sahariana(da TGCOM24)
4.Il rapporto Global Burden of Diseases, Injuries and Risk Factors Study, in sigla GBD. Trecentosessantuno pagine, appena pubblicate sulla rivista Lancet, zeppe di dati che riguardano le malattie per cui si muore di più nei diversi Paesi o quelle che non sono mortali, ma compromettono la qualità della vita, i fattori di rischio di malattia e le probabilità di sopravvivenza. E che distinguono poi fra uomini e donne, fra persone di differenti età e di differenti contesti sociali. Una sorta di Bibbia per chi deve fare scelte di sanità pubblica (l’hanno consultata 156 Governi di altrettanti Paesi). Secondo il rapporto per il 2016, per la prima volta nella storia moderna, nel mondo le morti di bambini al di sotto dei cinque anni sono state meno di 5 milioni (erano 11 milioni nel 1990) grazie a una maggiore educazione delle madri, all’aumento del reddito in molti Paesi, all’incremento dei programmi di vaccinazione, alla potabilizzazione delle acque e al miglioramento dei servizi igienici. Uno dei fattori di rischio più allarmanti è costituito dall’eccesso di peso corporeo. Il numero di malattie legate a questa condizione è in rapido aumento e si osserva a tutti i livelli sociodemografici. L’obesità è al quarto posto fra i fattori che fanno perdere anni di vita, dopo l’ipertensione arteriosa, il fumo e il diabete. Il secondo elemento riguarda i conflitti e il terrorismo: le morti dovute a queste due cause sono più che raddoppiate nell’ultimo decennio, ma non bisogna dimenticare anche le conseguenze a lungo termine sulla salute fisica e mentale. Anche le malattie mentali e l’abuso di sostanze rappresentano un importante elemento che compromette la salute a qualsiasi livello socio-economico e anche nei Paesi più ricchi. Il diabete, per esempio, negli ultimi dieci anni è salito dal 17° al nono posto come causa di morte nei Paesi a basso e medio reddito). L’altro è che il tabacco è causa di 7,1 milioni di morti e in più di 100 Paesi è fra i principali fattori di perdita di anni di vita. Infine, le principali cause di morti premature in tutto il mondo includono: malattie ischemiche di cuore, ictus, infezioni delle basse vie respiratorie, diarrea e incidenti stradali. Gli italiani hanno guadagnato molto in salute negli ultimi 25 anni. – Gli uomini possono sperare di vivere fino a 80 anni e le donne fino a 85. Ma disturbi come l’Alzheimer, dolori lombari e cervicali stanno minando sempre più la salute degli italiani. Le cinque cause di morte prematura in Italia sono rappresentate dalle malattie cardiovascolari, Alzheimer, cancro al polmone, ictus e cancro colon-rettale. Altri, invece, i motivi che provocano disabilità e i più importanti sono: i dolori alla colonna vertebrale, le emicranie e la perdita di udito (da Corriere.it).
5.C’è un traguardo importante nella vita ed è quello dei settant’anni: se si arriva sani lì, si vince la gara della longevità, cioè si può andare avanti tranquillamente fino a novanta. Per chi, invece, ha già problemi di salute a quell’età, le probabilità di sopravvivenza si abbassano notevolmente. Ma come si fa ad arrivare in buona salute a settant’anni? «Tutto dipende dagli stili di vita che seguiamo soprattutto fra i 55 e i 70 anni — spiega Elio Riboli, direttore della School of Public Health all’Imperial College di Londra e professore di Igiene all’Università Humanitas dell’omonimo istituto a Milano — E cioè da cosa mangiamo, da quanto movimento facciamo e da quanto pesiamo»(da Corriere.it).
DALL’ITALIA (5):
1.Il modello maschile, tutto lavoro e carriera, sta lasciando faticosamente il posto a padri che condividono con le proprie mogli e compagne la cura e la crescita dei figli. Che rivendicano questo ruolo e vogliono farlo affermare anche dal punto di vista legislativo. Uomini che danno più attenzione all’amore e alle relazioni, che accettano con meno ostilità la parità dei ruoli nel lavoro, che curano di più il proprio corpo e che si confidano e parlano delle loro ansie invece di mascherarle in nome di un vecchio modello di virilità.Cosa è accaduto nel profondo della società italiana, che da quasi un decennio vive una grave crisi economica capace di rallentare la spinta verso soluzioni innovative e verso leggi a favore di opportunità e merito? Le cronache di questi giorni, e i dossier sulle violenze, ci raccontano ancora una cultura maschile arcaica e resistente. E una società piena di paure e di insicurezze legate a un’immigrazione che ci mette a confronto con comportamenti e valori spesso molto lontani dalle nostre aspettative.L’abbandono di tutti gli stereotipi, anche quelli maschili, è un obiettivo da coltivare con pazienza. In nome di un progetto, o forse di un sogno. E cioè che la conoscenza reciproca, la capacità di accettare il mutamento ci porti davvero a costruire un «luogo comune» libero da schemi sbagliati. In fondo è il posto dove è più facile incontrarsi (Corriere.it)
2.«Il sociale sta cambiando e le nuove forme di economia sociale saranno la risposta alla sostenibilità di lungo periodo del nostro pianeta. Ma comunicare quello che succede è fondamentale, anche per orientare scelte individuali che saranno sempre più determinanti». Letizia Moratti, presidente del consiglio di gestione di Ubi Banca, alla guida della comunità di San Patrignano.«Il cambiamento è dato da diversi motivi. Da un lato c’è un aumento della domanda di servizi sociali e dall’altro l’incapacità del pubblico di erogarli per vincoli di bilanci. Sono cifre importanti, in Italia siamo attorno ai 70 miliardi di gap tra domanda e capacità di risposta. Il bisogno è enorme».«C’è la consapevolezza da parte del privato sociale di una grande necessità e questo spinge a mettersi in gioco».Inoltre «Ci sono gli obiettivi del millennio delle Nazioni Unite che danno un forte impulso. Pensiamo a tutti i temi sociali e ambientali. Anche in questo caso i vincoli nazionali spostano le attività sul privato sociale. Ci sono movimenti e trend a livello globale che incentivano il contributo del privato-sociale e accanto ai limiti di bilancio fanno sì che la crescita sia continua. Infine: «La sensibilità delle nuove generazioni. I giovani sono più orientati a comprare prodotti sostenibili e collegati a cause sociali e ambientali. Questo aiuta a creare un ponte tra il mondo profit e quello del non profit».«Anche la finanza tende a essere sempre più attenta al tema. In Europa gli investimenti socialmente responsabili sono cresciuti del 30 per cento in due anni. E ci sono nuovi approcci sociali: dai social lending ai social bond. Anche le banche si stanno impegnando. Ubi ad esempio ha fatto 70 social bonus».Il ruolo dell’economia sociale? «L’economia dovrà tendere a essere sempre più sociale perché nel pianeta le risorse sono sempre più scarse»(Corriere.it)
3.L’economia moderna ha visto mutare vorticosamente i meccanismi di funzionamento. Non è più l’impresa da sola a segnare il cambiamento del territorio. Lo sviluppo (e l’evoluzione) delle società locali viene determinato da fattori nuovi. Può essere un’infrastruttura, un polo universitario-formativo, un ecosistema innovativo ma può essere anche un’offerta culturale o persino uno stile di vita.Al centro di questo cambiamento è il crescente peso delle città.L’economia moderna è flusso di persone e di merci, è storia di vite mobili. E un’altra parola-chiave è «attrattività». La capacità di determinare e attrarre i flussi.La Grande Crisi non ha modificato molto la residenza degli italiani, niente di paragonabile all’America che vede territori che si spopolano e grandi migrazioni interne. In fondo l’effetto più vistoso è quello dei giovani andati oltrefrontiera, ma non hanno desertificato le zone di provenienza, sono solo usciti dalla famiglia-parcheggio.Oggi se volessimo usare una figura geometrica per raffigurare il sistema delle imprese dovremmo ricorrere al trapezio, non più alla classica piramide. Il lato orizzontale alto è dato dalle medie imprese, molte delle quali multinazionali tascabili e il lato basso dalla piccola dimensione nonostante i colpi subiti dalla crisi, manca il vertice perché troppo poche sono le grandi.Il flusso delle merci è ricominciato a testimonianza della ripartenza della produzione industriale al Nord e al Centro. La mobilità celere tra le città ha inciso sulle professioni terziarie rimodellando i mercati del lavoro pregiato. La Grande Crisi non ha intaccato la forza delle nostre tre grandi porte d’ingresso (Roma, Firenze e Venezia) anzi ne ha visto aggiungersi una quarta (Milano) e oggi ci pone addirittura il problema di frenare i flussi con il numero chiuso. Ma in parallelo abbiamo assistito alla valorizzazione di città intermedie che negli ultimi 10-15 anni hanno saputo costruire una loro attrattività di territorio giocando su più tavoli e creando occasioni che sono andate al di là della dotazione ereditata. Un museo, un festival sono riusciti a modificare flussi e alla rendita turistica storica hanno affiancato una creazione di valore contemporaneo (Corriere.it)
4.Qual è la differenza tra un italiano e un norvegese? Il primo nasce con un debito di 38 mila euro, il secondo con un credito di 161 mila euro. È uno «spread» che vale ben 199 mila euro. Nel nostro caso, 38 mila è il totale del debito pubblico diviso per il numero di italiani. A Oslo, invece, il «credito» è la quota pro capite del maxi fondo sovrano norvegese, che reinveste sui mercati finanziari una buona parte dei proventi del petrolio del Mare del Nord (Corriere.it)
5. Il Pil, prodotto interno lordo, non basta per descrivere lo stato di salute di un Paese. Per questo l’Italia aderisce ad Agenda 2030 dell’Onu, che fissa 17 obiettivi di «sviluppo sostenibile» in campo economico, sociale e ambientale da raggiungere entro 13 anni. Una rincorsa che vede il nostro Paese in affanno. Se continua così, spiega il Rapporto dell’Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) «l’Italia non riuscirà a raggiungere i 17 obiettivi». «Urge un profondo cambiamento culturale», dice il portavoce dell’Asvis, Enrico Giovannini (Corriere.it).
DA PAPA FRANCESCO (5):
1.La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! (Tratto dall’omelia a Lampedusa l’8 luglio 2013).
2.La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro – o non serve più – come l’anziano. Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione. Una volta i nostri nonni erano molto attenti a non gettare nulla del cibo avanzato. Il consumismo ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano, di cibo, al quale talvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben al di là dei meri parametri economici (Tratto dall’Udienza generale, 5 giugno 2013).
3. “La Chiesa lasci le comodità, non abbia paura di rinnovarsi” …“essere cristiani non è attaccamento alla dottrina, ma un esperienza amichevole col Signore”. “Come Gesù scuoteva i dottori della legge perché uscissero dalla loro rigidità, ora anche la Chiesa è scossa dallo Spirito Santo perché lasci le sue comodità e i suoi attaccamenti”. Lo ha detto Papa Francesco durante la messa celebrata a Medellin, in Colombia, sabato 09 settembre.“Il rinnovamento non deve farci paura, la Chiesa è sempre in rinnovamento. Non si rinnova a suo capriccio, ma lo fa fondata e ferma nella fede”, ha aggiunto Bergoglio.“Gesù insegna che la relazione con Dio non può essere un freddo attaccamento a norme e leggi, né tantomeno un compiere certi atti esteriori che non portano a un cambiamento reale di vita”, ha proseguito il Pontefice. Secondo Bergoglio, inoltre, “non possiamo essere cristiani che alzano continuamente il cartello ‘proibito il passaggio’, né considerare che questo spazio sia nostra proprietà, impossessandomi di qualcosa che non è assolutamente nostro. La Chiesa non è nostra, è di Dio”(da Corriere.it)
4.Nel volo di rientro dalla Colombia, l’11.09, tra le varie domande dei giornalisti, ha risposto: … Nell’inconscio collettivo nostro c’è un principio: l’Africa va sfruttata. Oggi a Cartagena abbiamo visto un esempio di quello sfruttamento. E un capo di governo ha detto su questo una bella verità: quelli che fuggono dalla guerra è un altro problema, ma quelli che fuggono dalla fame facciamo un investimento là perché crescano. Tanti paesi sviluppati vanno in Africa per sfruttare, dobbiamo capovolgere questo. L’Africa è amica e va aiutata a crescere».(daCorriere.it)
5.Ricevendo la Pontificia Commissione per la protezione dei minori, spiega che «un abuso basta a condanna senza appello». Non solo, il Pontefice sottolinea che «sulla pedofilia la Chiesa ha affrontato i crimini in ritardo». Lo «scandalo dell’abuso sessuale», continua Francesco, «è veramente una rovina terribile per tutta l’umanità, che colpisce tanti bambini, giovani e adulti vulnerabili in tutti i paesi e in tutte le società». Per la Chiesa - aggiunge Bergoglio - «è stata un’esperienza molto dolorosa. Sentiamo vergogna per gli abusi commessi da ministri consacrati che dovrebbero essere i più degni di fiducia» (da Corriere.it)